lunedì 25 marzo 2013

Decrescita e Socialdemocrazia, una convivenza impossibile

Con l'acuirsi della crisi, una delle tendenze più popolari che sta prendendo piede da qualche anno a questa parte in Italia e non solo è la teoria della "decrescita", spesso combinata con l'aggettivo "felice".

Il Movimento per la Decrescita Felice (MDF) è un movimento italiano nato e cresciuto informalmente dall'inizio degli anni 2000 sui temi della demitizzazione dello sviluppo fine a se stesso, e successivamente sfociato in un'associazione fondata da Maurizio Pallante, esperto di risparmio energetico. Il movimento, chiaramente ispirato alla decrescita teorizzata da Nicholas Georgescu-Roegen, fondatore della bioeconomia, ed in linea con il pensiero di Serge Latouche, parte dal presupposto che la correlazione tra crescita economica e benessere non sia necessariamente positiva, ma che esistano situazioni frequenti in cui ad un aumento del PIL si riscontra una diminuzione della qualità della vita. L'obiettivo del MDF è molto chiaro: dare un indirizzo più autarchico alla società, dove l'autosufficienza e quindi l'autoproduzione giochino un forte ruolo. Il manifesto del movimento, infatti, esemplifica come un normale prodotto alimentare commerciale coinvolga un giro sproporzionato di risorse, che vanno ad incidere non solo sullo stesso prodotto finale, e sul suo prezzo al consumo, ma ancora di più sull'intero sistema. Si fa il paragone, appunto come esempio, tra un vasetto di yogurt autoprodotto, al prezzo del solo latte, ed uno di produzione industriale. Si conteggia il costo di produzione, trasporto e smaltimento finale di contenuto, contenitore ed imballaggi, ed i costi ecologici e sociali indotti, dal consumo di carburante, smaltimento e riciclaggio dei rifiuti agli aspetti sanitari ed ambientali derivati, considerando tutte le ricadute economiche collaterali. Il MDF ha una visione di "transizione energica" e nell'epoca condizionata da una predominante fonte energetica come quella petrolifera, i sostenitori di una "decrescita felice" ricordano che stiamo vivendo una decrescita economica causata anche dal raggiungimento del Picco di Hubbert. Il petrolio condiziona maggiormente trasporti, agricoltura e pesca. Numerose istituzioni pubbliche sono consapevoli di questo passaggio epocale e pertanto è auspicabile la redazione di piani e strategie che aiutino le comunità a vivere questo "passaggio culturale" sviluppando la resilienza.

Le azioni del Movimento ruotano attorno a tre perni: stile di vita, politica e nuove tecnologie. Lo stile di vita vede una trasformazione verso un consumo consapevole, autoproduzioni, "università del saper fare". La politica prevede la costituzione di circoli territoriali per avviare il dibattito sul cambio di paradigma culturale nella società ed azioni concrete con corsi ed autoproduzioni (pane, yogurt, orti sinergici con applicazione di agricoltura naturale, etc...). Infine, per quanto riguarda le nuove tecnologie, esse dovranno ridurre l'impronta ecologica e migliorare la qualità della vita indipendentemente se il PIL aumenti o diminuisca; avviare la realizzazione di "smart grids" in ambito di quartiere dove i cittadini sono produttori e consumatori di energia (coniando così un neologismo: il prosumer), partendo dall'eliminazione degli sprechi (riduzione della domanda) e l'uso di un mix tecnologico con fonti alternative. I sostenitori del MDF (tra cui anche il Grillo e il M5S), in sostanza, ritengono che vi siano casi piuttosto frequenti in cui attraverso processi di autoconsumo, di risparmio energetico e di relazioni di scambio che non transitino necessariamente per il mercato, si verifichi un incremento della qualità della vita materiale associata ad una diminuzione del PIL. Viene auspicato quindi l'aumento del benessere riducendo il PIL tramite autosufficienza e produzione in proprio. Un esempio classico in seno alle scienze economiche è quello paradigmatico dell'economia contadina.

Fin qui, il MDF. Per quanto apparentemente tutto sia condivisibile, a uno sguardo più attento saltano subito all'occhio le contraddizioni di fondo. Questo movimento reazionario ha il sogno, anzi, l'utopia, di potersi scavare una nicchia al di fuori del Capitalismo, di poter produrre e consumare in maniera autonoma o al massimo in cooperative di stampo ottocentesco restando al di fuori delle logiche di mercato, cancellando così un secolo e oltre di storia economica, dimenticando totalmente il concetto di "concorrenza" che regola obbligatoriamente il libero mercato e dunque ormai, ahimé, l'intero pianeta Terra e i cui effetti le classi più deboli stanno accusando da ormai diversi anni. Per il MDF la soluzione sarebbe tornare alle cooperative agricole, al poco denaro, alla produzione autonoma, come se il Capitalismo odierno, anche quello finanziario, non fosse sorto proprio da lì. Inoltre il MDF porta avanti le sue tesi senza mai parlare o mettere in discussione le classi sociali, la proprietà-gestione privata dei mezzi di produzione e il meccanismo di produzione capitalistico, e senza mai inquadrare correttamente la globalizzazione (rifiutandola tout court appunto assumendo un atteggiamento autarchico e prettamente no-global), l'imperialismo e tutti i tratti fondamentali di questo sistema economico. Come vediamo, infatti, la sua critica si ferma alla sfera della distribuzione, in quanto giudica la qualità della merce (come se esistessero merci buone e merci cattive in assoluto), la loro provenienza e l'impatto sull'ambiente. Punta insomma il dito sul consumismo, sull'eccesso di consumo di merci "inutili" e superflue, ma non si azzarda neanche a mettere in discussione la sfera della produzione, ossia non punta mai il dito verso il rapporto conflittuale tra capitale e lavoro. Come abbiamo visto, per il MDF tale conflitto, semmai, sarebbe risolto appunto con un ritorno al passato, consumando poco e bene, inquinando il meno possibile, eliminando le merci inutili, specialmente quelle prodotte dalle multinazionali tipo McDonalds, Apple e Nike.

E' qui il punto cruciale dove il MDF rivela di essere una rivoluzione incompatibile con questo sistema economico: questo movimento critica (timidamente e contraddittoriamente) il sistema di accumulazione del capitale, cioè il capitalismo in sé, e propone un’alternativa futura basata sulla decrescita economica e sulla crescita umana, ma non dice in che modo combattere il sistema capitalistico nel presente in maniera socialmente efficace: in pratica non dice come si può passare praticamente dal capitalismo (non dal consumismo, che ne è solo un tratto, attenzione!) alla decrescita. Ma l'errore teorico è proprio nel concetto di "accumulazione" e di "sovrapproduzione" illustrato dal MDF. Il capitalismo, teso verso l’accumulazione senza limiti, produrrebbe troppe merci che di per sé non riescono ad essere assorbite dal mercato. Secondo i teorici del MDF (e non solo, anzi questa teoria è molto in voga nel variegato mondo di "sinistra") questa contraddizione si sarebbe risolta con la crescita dei consumi, che però determina l’esaurimento delle risorse naturali il quale, in questo modo, diverrebbe la contraddizione fondamentale. Peccato che tale interpretazione cozzi con la realtà, visto che negli ultimi anni si sono prodotte crisi sempre più profonde fino a quella del 2008, che per intensità è stata paragonata a quella del ’29, nonostante il forte sostegno artificiale alla domanda, che ha prodotto un enorme debito privato delle famiglie in tutti i paesi capitalisticamente più avanzati. Il vero punto debole del meccanismo dell’accumulazione, infatti, non è la scarsità della domanda, ma il declino della redditività degli investimenti, che si manifesta nella tendenza alla caduta del saggio di profitto. La produzione capitalistica può anche estendersi quantitativamente quanto si vuole, nel tentativo di supplire a tale caduta, ma ciò non impedisce che, arrivati a un certo punto del ciclo di accumulazione, ogni capitale aggiuntivo investito abbia un rendimento decrescente o non abbastanza crescente (dunque insoddisfacente) rispetto al capitale impegnato. In poche parole, la crisi non deriva da una sovrapproduzione (o sottoconsumo) di merci, ma da una sovrapproduzione di capitale, anche se si manifesta come sovrapproduzione di merci (per approfondire cliccare qui).

Il MDF propone insomma la decrescita in un sistema che fa della crescita non solo il suo modello di riferimento, ma che ne è condizione indispensabile per la sua sopravvivenza. Non ci vuole molto a capire che sostenere questo significa sostenere una sciocchezza. Se poi queste ultime (le sciocchezze) producono reddito per chi le propugna, allora si possono intuire anche altre cose (come fa Grillo coi suoi gadgets, libri e dvd che puntualmente lui reputa utilissimi). Nulla vieta, del resto, ai fautori del MDF di vivere asceticamente e in favore della loro decrescita personale (quindi non secondo i loro redditi), e niente ci impedisce individualmente di rifiutare, per quanto possibile, alcuni modelli di comportamento e di consumo che riteniamo sbagliati, evitando di comprare certe merci piuttosto che altre, aderendo ai GAS (Gruppi di Acquisto Solidale), inquinando poco, avendo dunque un atteggiamento quanto più "umano" e ambientalista possibile. Molti già lo fanno, anzi, certi comportamenti, per chi realmente si reputa anticapitalista, sono persino ovvi. Bisogna però tener conto, parlando in generale, che i comportamenti sociali dipendono ben poco dalla "coscienza" e dalla volontà dei singoli individui. Chiediamoci infatti una cosa: chi decide l’utilità di una merce e soprattutto: cos'è una merce? Una merce non è solo un valore d’uso utile o inutile, ma diventa un "bene" solo in quanto è un valore di scambio. Solo lo scambio può provare che una merce è utile. Se una merce non è utile, non diventa nemmeno un valore di scambio. Perciò chi decide dell’utilità di una merce, di un "bene" come lo chiamano molti erroneamente, è il mercato e non la "coscienza umana". È il capitalismo e non possiamo farci niente (se non adoperarci per smantellare questo modo di produzione). Intanto la decrescita forzata, chiamata austerity, imposta dai governi greci, spagnoli, portoghesi e italiani alle popolazioni dei rispettivi paesi, ha come effetto il cambiamento dei consumi e dello stile di vita (meno carne e pesce, car sharing, riscaldamenti spenti, e via dicendo). Insomma, tutta gente che non cambia auto o arredamento una volta l’anno e che aderisce alla decrescita suo malgrado.

Secondo i guru del MDF dovremmo insomma tornare all'agricoltura nel proprio giardino di casa (sempre se ne abbiamo uno, male che vada occupiamo qualche ettaro di proprietà altrui), imparando a vivere con poco, elogiando la frugalità. "Che diamine", ci sentiamo ripetere in continuazione, "consumiamo troppo!". E allora forza: sciopero dei consumi, inquiniamo poco, non compriamo quasi nulla che non sia DOC, o prodotto in proprio, oppure che non sia il minimo per farci campare. Beh, certo, come se la domanda non fosse indotta dal bisogno di farci consumare sempre di più affinché i profitti siano sempre alti. E allora la soluzione per questi signori è smettere di comprare, o comunque tornare a uno stadio primitivo del capitalismo. E allora un lavoratore che vive con 1000-1400 euro al mese può vivere anche con 800-700, no? E il resto del denaro? Lo brucia? Lo ridà indietro? Lo accumula? Lo spende diversamente? Il MDF invita ogni persona a rivendicare una aumento di benessere e non di reddito: siamo d’accordo, ma spiegatelo voi al borghesotto, all’industriale, al finanziere, all'imprenditore, al banchiere, che non deve perseguire il profitto. Immaginiamo lo scenario: noi a predicare che non serve aumentare il reddito perché in realtà si può vivere bene e felici anche con pochi soldi, o addirittura senza; i capitalisti che non capiscono ("e che ci dovrei fare con tutti questi soldi?") e continuano con lo sfruttamento e la logica del profitto. Come convincere un banchiere ad abbandonare il fine del guadagno? Insomma, per noi l'elogio della frugalità, per i capitalisti tutto il "cucuzzaro". Se frugalità deve essere, allora, se decrescita deve essere, che sia per tutti, o per nessuno.

Dobbiamo dunque opporci fieramente alla decrescita in ambito socialdemocratico perché anche se tutti (noi 99%, visto che ora va di moda) abbandonassimo il consumismo, non avremmo risolto il problema della riappropriazione della humanitas, che rimarrebbe comunque calpestata dal sistema economico capitalista, dalla logica del profitto e dal meccanismo di produzione capitalista. Ecco perché credo fortemente che la decrescita debba essere necessariamente condotta in un’ottica marxista. Ma Marx, si sa, è sempre criticato da tutti, specialmente da quelli che non lo hanno mai letto. Per i fautori del MDF, e per gli ecologisti e gli umanisti in generale (tra i primi sostenitori di questo movimento), il marxismo pare infatti essere eccessivamente operaista e/o settario, ma questo non è colpa del marxismo in sé, ma delle storture che alcuni gruppi e tendenze hanno generato interpretandolo male (in buona o cattiva fede). Gruppi cioè che si dicono rivoluzionari ma sono tutto l'opposto, da una parte orientati verso un riformismo radicale perenne che non tiene conto nemmeno delle fasi di riflusso della lotta, e dall'altra bloccati in un arrogante e impolverato immobilismo. Ma su questo dobbiamo dire anzitutto non è vero che Marx non fosse già cosciente dei problemi ambientali, come possiamo leggere, per esempio, qui; secondariamente, leggere Marx ci aiuta a capire che non dobbiamo rifiutare il concetto di decrescita in toto, non dobbiamo insomma buttare il bambino con l'acqua sporca, ma dobbiamo orientarlo verso un indirizzo anticapitalista che elimini lo sfruttamento dell’uomo sull'uomo, il lavoro alienato, il consumismo e il produttivismo e dunque da ultimo le merci, il mercato e il lavoro salariato, per una società senza classi e senza merci, realmente giusta e, di conseguenza, anche più rispettosa nei confronti dell'ambiente. Una decrescita che non tenga conto di questo e non tenda verso questo è destinata a fallire clamorosamente o a ridursi a un mero meccanismo di difesa, per altro debole. Decrescita e socialdemocrazia non sono, insomma, compatibili. La socialdemocrazia propende per il produttivismo, per la creazione di bisogni indotti volti ad alimentare la macchina capitalistica, a non far mai abbassare i profitti combattendo titanicamente contro la ferrea legge marxiana della caduta del saggio del profitto. Questo sistema insomma spinge da sempre per la produzione di oggetti deperibili a breve scadenza con l’unico fine di non far smettere di funzionare il meccanismo capitalista. La decrescita, così come intesa dal MDF, non dice nulla sulle pratiche di lotta collettiva, ovvero non dà una linea di condotta sociale. Non è affatto una rivoluzione. E', al massimo, una strategia (fallimentare alla lunga e comunque non per tutti, proprio perché non tutti abbiamo a disposizioni spazio e terra da coltivare) di difesa dagli attacchi spietati del Capitalismo e dalle logiche competitive e assassine del libero mercato.

In conclusione, la decrescita e pensieri affini e derivati, non sono male sul piano individuale, ma se non sono accompagnati da una critica globale sulla produzione rischiano di diventare uno strumento di falsificazione ideologica, di eliminazione del conflitto, insomma di feticismo bucolico, che distingue piuttosto ingenuamente tra consumi buoni e consumi cattivi. Non ci può essere decrescita senza uscire dal Capitalismo.

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Quest'articolo è stato ideato per e già pubblicato sull'ultimo numero di "Prometeo", rivista semestrale edita dal Partito Comunista Internazionalista.

Si ringrazia in particolare il blog Diciotto Brumaio per i grandi spunti di riflessione che hanno fatto nascere questo post (nonché per l'impareggiabile dialettica di chi vi scrive).

4 commenti:

  1. oh bella, Prometeo e BC! Mi riporti alla giovinezza, ai miei innamoramenti trozkisti. qualcosa avevo scritto anch'io, ma immagino che quelli che conoscevo a milano siano o morti o troppo vecchi.
    complimenti per i post

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    1. Eh già! Anche se gli dici che sono trozkisti si arrabbiano (in effetti io reputo trozkisti quelli del PCL...)! Comunque sia, a Milano è ancora vivo e vegeto il grande Fabio Damen, figlio di Onorato... E poi ce ne sono altri ma non dell'età di Fabio, se non ricordo male... Grazie per i complimenti e a presto!

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    2. Quelli del PCL sono trotzisti, senza che ce li reputi tu :P

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  2. Non ci può essere decrescita senza uscire dal capitalismo, e neanche senza una adeguata decrescita demografica.

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